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Robert Morris. 4 Rings, 2 Centers

Robert Morris. 4 Rings, 2 Centers

Gratuito

24 Marzo 2022 17:00
21 Maggio 2022 19:00
Come arrivare
corso plebisciti 12
20129 Milano (Milano)

Robert Morris. 4 Rings, 2 Centers

4 Rings, 2 Centers

Robert Morris


Opening Day: 24 Marzo dalle 17 alle 21

24 Marzo – 21 Maggio 2022

Osart Gallery, Corso Plebisciti 12, 20129 Milano


Osart Gallery è lieta di presentare 4 Rings, 2 Centers, una mostra dedicata all’omonima opera di Robert Morris, (Kansas City, 1931 - Kingston, 2018).

4 Rings, 2 Centers era stata esposta inizialmente in occasione della prima personale milanese dell’artista presso la galleria Alessandra Castelli nel 1974. L’opera, di dimensioni monumentali, è composta da sei elementi, per uno sviluppo totale di quasi venti metri. Ad essa è dedicata tutta la sala principale di Osart Gallery, che riunisce ed espone per la prima volta l’installazione e una serie di documenti relativi alla sua prima mostra. In 4 Rings, 2 Centers, il visitatore è coinvolto direttamente: l’opera diventa quasi una soglia sospesa, un luogo di passaggio che trasforma lo spazio circostante.

Il lavoro di Morris interagisce con gli ambienti e con il corpo dei fruitori, interrogandone i limiti della percezione.

A partire dagli anni Sessanta, dopo un iniziale interessamento alla danza, anche grazie alle ricerche coeve della prima moglie Simone Forti, Morris iniziò a introdurre nel suo lavoro procedimenti neodadaisti, spesso utilizzando grandi scampoli di feltro industriale oppure detriti di vario genere, spogliando gradualmente il prodotto artistico di ogni qualità estetica e introducendo in esso il caso come elemento costitutivo. Dopo aver partecipato con questo tipo di opere alle mostre poveriste di Germano Celant, pose l’attenzione su forme costruttive elementari e procedimenti meccanici di creazione, introducendo nel suo lavoro materiali di produzione industriale come la fibra di vetro e l’alluminio. Delle sue opere minimaliste, Giuseppe Panza di Biumo, ha scritto che l’elemento più evidente era il loro “carattere intellettuale e mentale”. Si trattava, secondo il grande collezionista, di sculture in cui la realtà era spogliata di ogni elemento superfluo, e in cui trapelava il significato ultimo e profondo che lega ogni cosa.

Attraverso opere dal respiro ambientale, l’artista ha sempre ridisegnato i contesti in cui inseriva le opere, fino a interagire con lo spazio attraverso forme prettamente architettoniche, in cui il fruitore poteva muoversi liberamente, come i suoi celebri labirinti (si pensi, per esempio, a quello concepito per la Fattoria di Celle, in Toscana, nel 1982).

Avendo sempre accompagnato attività accademiche e teoriche alla ricerca artistica, Morris ha contribuito a definire diverse tendenze dell’arte americana e internazionale sia attraverso le sue opere che attraverso i suoi numerosi scritti; è stato infatti uno dei padri del Minimalismo, della Land Art e della cosiddetta

“Anti-form”, che lui stesso ha teorizzato, e che trova esempio diretto nei suoi feltri, lasciati pendere dalle pareti in maniera naturale, in modo che il caso diventi parte attiva nella creazione dell’opera, e nei suoi Scatter Pieces, in cui le installazioni sono costituite da detriti ammassati fino a riempire interi ambienti.

La scultura, secondo lo stesso Morris, va inserita nello spazio di senso o nello scarto “tra monumento e ornamento”, e l’unico elemento con cui essa debba sempre confrontarsi è il corpo umano. E’ stata la relazione del corpo con il contesto e con l’opera a spingere le sue ricerche prima nella direzione del Minimalismo più radicale, e poi verso un’interpretazione originale del postmodernismo, di cui l’esempio estremo sono le opere esposte presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma in occasione della mostra Robert Morris. Monumentum 2015–2018, che si è tenuta tra il 2019 e il 2020, pensata con l’artista ma effettivamente aperta solo dopo la sua morte.

L’opera in mostra a Osart Gallery testimonia un momento chiave della carriera dell’artista, mantenendo un’essenzialità delle forme di matrice minimalista, e allo stesso tempo rimodellando radicalmente l’ambiente. L’installazione è accompagnata dalla documentazione relativa alla prima occasione espositiva, oltre che da una serie di opere su carta degli anni Sessanta e coeve, gentilmente prestate dalla Collezione Panza, che ben rappresentano lo sviluppo delle ricerche minimaliste di Robert Morris.

 

 

La mostra è stata resa possibile dalla preziosa collaborazione e dal prestito della Collezione Panza, e grazie al supporto di Salvatore Licitra, Leo Castelli 

Gallery e Lucile Morris.

 

Photo credits Salvatore Licitra


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Osart Gallery Osart Gallery Osart Gallery Osart Gallery è stata fondata nel 2008 da Andrea Sirio Ortolani. Fin dall'inizio ha sviluppato il proprio percorso con una particolare attenzione verso le esperienze artistiche più significative degli anni Sessanta e Settanta, dando spazio ai protagonisti dell'arte concettuale ed esplorando nuovi linguaggi come Body Art, arte cinetica e fotografia. Tra gli altri, ha esposto Dennis Oppenheim, Vito Acconci, Vincenzo Agnetti, Gina Pane, Emilio Prini, Piero Fogliati, Minor White e Aldo Tagliaferro, Magdalo Mussio, oltre ad aver contribuito alla riscoperta critica di Amelia Etlinger. Non ha tralasciato alcune indagini sul colore e la pittura nella seconda metà del XXI secolo, con le mostre dedicate a Claudio Olivieri tra il 2017 e il 2018 e a Phil Sims, Ruth Ann Fredenthal e Winston Roeth nel 2017. Osart ha creato importanti connessioni con numerosi artisti italiani e stranieri, e tra gli artisti rappresentati figurano Vincenzo Agnetti, Amelia Etlinger, Piero Fogliati, Ruth Ann Fredenthal, Claudio Olivieri, Winston Roeth e Phil Sims. Ha prestato opere per esposizioni di carattere museale e collaborato con istituzioni nella promozione degli artisti vicini alla galleria. Ha portato avanti fin dall'inizio una ricerca dedicata all'indagine della scena contemporanea, e ha saputo cogliere precocemente l'importanza, in seguito ratificata dal successo internazionale, di artisti come Titus Kaphar, il cui lavoro era stato esposto in una personale nel 2009, Lynette Yiadom-Boakye e Hayv Kahraman, le cui opere erano state esposte da Osart nel 2010.La galleria sta attualmente esplorando nuovi orizzonti, approfondendo la conoscenza della scena emergente africana. Ha dedicato al tema due mostre: African Textures (2019-2020), con opere di Marlene Steyn, Jeanne Gaigher e Kresiah Mukwazhi, e African Characters (2020), con opere di Kate Gottgens, Kudzanai-Violet Hwami, Neo Matloga, Richard Mudariki and Gareth Nyandoro.La sua programmazione alterna mostre monografiche e collettive che guardano sia ai grandi artisti delle Seconde Avanguardie, sia agli artisti emergenti del panorama internazionale.Nel corso degli anni Osart ha collaborato con vari curatori nell'organizzazione delle mostre e nella redazione dei cataloghi. Tra questi ci sono Daniela Palazzoli, Alberto Zanchetta, Nicolas Ballario, Valerio Dehò, Giorgio Verzotti, e Bruno Corà. Scopri
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