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Melina Scalise Melina Scalise
Melina Scalise
Sono nata a Milano, in quella città che cresceva durante il flusso immigratorio nelle grandi città. Sono una delle tante figlie del “boom”, quando ancora i bambini giocavano nei cortili, la televisione era rigorosamente in bianco e nero, si andava a letto dopo il Carosello e la scuola elementare era tanto sovraffollata che facevamo i turni: una settimana la mattina e una settimana il pomeriggio.Sono cresciuta nella periferia milanese là dove non arrivava ancora la metropolitana e il liceo scientifico era una succursale di un liceo milanese. Se alle elementare facevo i turni, una settimana al mattino e una il pomeriggio, al liceo facevo la migrante perchè per i primi anni di liceo non avevamo una scuola stabile fino a quando il Comune di Cologno Monzese, dove vivevo, non ristrutturò una ex profumeria. Erano gli anni del terrorismo e ogni tanto si stava davanti alla scuola perchè arrivava la telefonata che c’era una bomba. Ancora oggi mi domando:” …e se fosse saltata?”.Non c’era sicurezza per le strade, specie per una ragazza. Nonostante gli oltre 1200 chilometri che separavano la Lombardia dalla Calabria la testa dei miei genitori aveva radici al Sud e quindi poche uscite e tanto studio.All’Università riuscii ad avere la meglio: più che un’uscita ottenni un trasloco. Andai a Padova a studiare Psicologia, la mia passione dopo l’arte. E sì perchè “con l’arte non si mangia” diceva papà ed io comunque gli sono grata perchè oggi so che purtroppo è quasi sempre così.Con in tasca la mia laurea da 110 senza lode scopro subito che la mia tesi “Psicologia dei costumi e dei valori, un’analisi transgenerazionale” era così piaciuta che oltre all’autorizzazione alla pubblicazione, il centro di psicologia dove avevo iniziato il tirocinioavrebbe voluto farla passare come sua. Io mi rifiutai e mi trovai tagliata fuori. Galeotta però fu la mia tesi nel bene e nel male perchè mi contattò un giornale locale per scrivere un pezzo in quanto avevo preso a campione un gruppo di giovani ragazzi colognesi. Quell’articolo mi valse la chiamata de Il Giorno e l’invito a iniziare l’attività giornalistica. L’istituzione dell’albo degli psicologici mi aveva costretto ad aspettare due anni prima di poter avere l’abilitazione e allora accettai questa nuova avventura. Per sette anni scrissi più di 60 pezzi al mese. Ero diventata una giornalista de Il Giorno, pagine Metropoli. Nei week end, per arrotondare, scrivevo anche di cronaca sportiva.Nel 1996 divento giornalista professionista e nel 1997 mamma. Credo di essere stata una delle rare donne in attesa ad avere un incarico di lavoro al settimo mese di gravidanza. Con il mio pancione curavo la comunicazione del sindaco di Cologno Monzese e di tutto il comune, ma dopo tre anni arrivò una nuova opportunità. Entro a far parte del progetto imprenditoriale di due giovani napoletani che acquistano, insieme ad altri giovani imprenditori del gas un colosso italiano poi diventato americano: la Waste Management Italia.Passo dalla psicologia, alla carta stampata e poi ai rifiuti. Mi si apre un mondo. In qualità di responsabile della comunicazione del gruppo dò un nuovo nome e logo: Waste Italia e divento una delle prime autrici e ideatrici in Italia delle campagne di informazione sulla raccolta differenziata, lo sviluppo sostenibile, le energie rinnovabili.Scopro l’Italia in lungo e in largo. Dal paesino montano Veneto all’estrema Sicilia. Entrano nel mio vocabolario parole nuove come termovalorizzatore e vivo alcuni dei momenti anche più divertenti del mio lavoro tra manifestazioni di piazza, occupazioni scolastiche da gestire e appuntamenti “al terzo albero”.Giunta alla frequenza di tre voli al giorno da una parte all’altra d’Italia decido di scendere e fermarmi a terra, in quella che è diventata prima la mia casa- bottega e poi casa-museo: Spazio Tadini.A tutt’oggi sono Presidente di Spazio Tadini, associazione culturale fondata con Francesco Tadini, nel frattempo diventato mio adorato marito, e costituita in memoria di suo padre, Emilio Tadini, pittore e scrittore milanese. Qui ho ritrovato una parte di me: l’amore per l’arte, il design, la creatività, la cultura, ma soprattutto l’impegno sociale.HANNO PARLATO DI MEInside arthttp://www.dols.it/2012/03/10/larte-che-piace-a-noi/Spazio Tadini è un museo privato con in mostra opere di Emilio Tadini ed esposizioni temporanee di fotografia e pittura. E' luogo di eventi culturali e sede dell'archivio di Emilio Tadini.Per approfondimenti sulle attività www.spaziotadini.com
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Sono nata a Milano, in quella città che cresceva durante il flusso immigratorio nelle grandi città. Sono una delle tante figlie del “boom”, quando ancora i bambini giocavano nei cortili, la televisione era rigorosamente in bianco e nero, si andava a letto dopo il Carosello e la scuola elementare era tanto sovraffollata che facevamo i turni: una settimana la mattina e una settimana il pomeriggio.

Sono cresciuta nella periferia milanese là dove non arrivava ancora la metropolitana e il liceo scientifico era una succursale di un liceo milanese. Se alle elementare facevo i turni, una settimana al mattino e una il pomeriggio, al liceo facevo la migrante perchè per i primi anni di liceo non avevamo una scuola stabile fino a quando il Comune di Cologno Monzese, dove vivevo, non ristrutturò una ex profumeria. Erano gli anni del terrorismo e ogni tanto si stava davanti alla scuola perchè arrivava la telefonata che c’era una bomba. Ancora oggi mi domando:” …e se fosse saltata?”.

Non c’era sicurezza per le strade, specie per una ragazza. Nonostante gli oltre 1200 chilometri che separavano la Lombardia dalla Calabria la testa dei miei genitori aveva radici al Sud e quindi poche uscite e tanto studio.

All’Università riuscii ad avere la meglio: più che un’uscita ottenni un trasloco. Andai a Padova a studiare Psicologia, la mia passione dopo l’arte. E sì perchè “con l’arte non si mangia” diceva papà ed io comunque gli sono grata perchè oggi so che purtroppo è quasi sempre così.

Con in tasca la mia laurea da 110 senza lode scopro subito che la mia tesi “Psicologia dei costumi e dei valori, un’analisi transgenerazionale” era così piaciuta che oltre all’autorizzazione alla pubblicazione, il centro di psicologia dove avevo iniziato il tirocinioavrebbe voluto farla passare come sua. Io mi rifiutai e mi trovai tagliata fuori. Galeotta però fu la mia tesi nel bene e nel male perchè mi contattò un giornale locale per scrivere un pezzo in quanto avevo preso a campione un gruppo di giovani ragazzi colognesi. Quell’articolo mi valse la chiamata de Il Giorno e l’invito a iniziare l’attività giornalistica. L’istituzione dell’albo degli psicologici mi aveva costretto ad aspettare due anni prima di poter avere l’abilitazione e allora accettai questa nuova avventura. Per sette anni scrissi più di 60 pezzi al mese. Ero diventata una giornalista de Il Giorno, pagine Metropoli. Nei week end, per arrotondare, scrivevo anche di cronaca sportiva.

Nel 1996 divento giornalista professionista e nel 1997 mamma. Credo di essere stata una delle rare donne in attesa ad avere un incarico di lavoro al settimo mese di gravidanza. Con il mio pancione curavo la comunicazione del sindaco di Cologno Monzese e di tutto il comune, ma dopo tre anni arrivò una nuova opportunità. Entro a far parte del progetto imprenditoriale di due giovani napoletani che acquistano, insieme ad altri giovani imprenditori del gas un colosso italiano poi diventato americano: la Waste Management Italia.


Passo dalla psicologia, alla carta stampata e poi ai rifiuti. Mi si apre un mondo. In qualità di responsabile della comunicazione del gruppo dò un nuovo nome e logo: Waste Italia e divento una delle prime autrici e ideatrici in Italia delle campagne di informazione sulla raccolta differenziata, lo sviluppo sostenibile, le energie rinnovabili.Scopro l’Italia in lungo e in largo. Dal paesino montano Veneto all’estrema Sicilia. Entrano nel mio vocabolario parole nuove come termovalorizzatore e vivo alcuni dei momenti anche più divertenti del mio lavoro tra manifestazioni di piazza, occupazioni scolastiche da gestire e appuntamenti “al terzo albero”.

Giunta alla frequenza di tre voli al giorno da una parte all’altra d’Italia decido di scendere e fermarmi a terra, in quella che è diventata prima la mia casa- bottega e poi casa-museo: Spazio Tadini.

A tutt’oggi sono Presidente di Spazio Tadini, associazione culturale fondata con Francesco Tadini, nel frattempo diventato mio adorato marito, e costituita in memoria di suo padre, Emilio Tadini, pittore e scrittore milanese. Qui ho ritrovato una parte di me: l’amore per l’arte, il design, la creatività, la cultura, ma soprattutto l’impegno sociale.


HANNO PARLATO DI ME

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http://www.dols.it/2012/03/10/larte-che-piace-a-noi/



Spazio Tadini è un museo privato con in mostra opere di Emilio Tadini ed esposizioni temporanee di fotografia e pittura. E' luogo di eventi culturali e sede dell'archivio di Emilio Tadini.


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